giovedì 24 dicembre 2015

JUSTIFIED (dicembre 2012)

Ripropongo l'articolo su Justified scritto nel 2012, rivisto e corretto dopo avere visto l'ultima stagione (la sesta) della serie.


Mi fa un po’ rabbia che le serie più commentate, da noi, siano The Walking Dead e Il Trono di Sp­ade. Justified, una delle migliori serie degli ultimi anni, prodotta da FX Network, è passata un po’ in sordina.

Sospetto che sia perché è una serie ricca di ironia, e da noi invece si preferisce separare con l’accetta dramma e umorismo. O forse perché gli autori non premono l’acceleratore su sesso e violenza. O perché Justified non ha quella filosofia amorale “ made in HBO” che da noi è considerata cool. Sarà per tutte queste cose insieme. Sta di fatto che per me è un peccato che se ne sia parlato poco.

Negli USA Justified è andata molto bene. Ha avuto un ottimo riscontro di critica e di pubblico e, cosa nient’affatto scontata, un ottimo finale dopo sei stagioni di ottimo livello. A monte di questa felice riuscita c’è prima di tutto Elmore Leonard, classe 1925, romanziere più volte “tradotto” (con esiti alterni) dal cinema. Justified è tratta da un racconto e da alcuni romanzi che hanno per protagonista Raylan Givens.

Raylan Givens è un giovane marshal che forse ha visto troppi film western, perché veste come un cowboy, e oltre alla pistola d’ordinanza porta il cappellone, il cravattino e gli stivali. E non è solo apparenza: Raylan sembra veramente uscito dal vecchio West. È un tipo di poche parole, ma quando occorre esibisce una lingua tagliente. E soprattutto una mira infallibile. Una fortuna che sia dalla parte della legge e quindi justified, legalmente e moralmente in diritto di sparare. Ma uccidere un malavitoso dopo averlo praticamente sfidato a duello non è così justified come Raylan crede. Perciò il suo capo, esasperato, lo trasferisce. E non in un posto qualsiasi, ma nella contea di Harlan, Kentucky. Cioè il posto da dove Raylan era andato via senza rimpianti anni prima, lasciandosi alle spalle una ex moglie, ex amici e vari nemici.

Timothy Olyphant è il marshal Raylan Givens

Raylan rimette piede a Harlan in un momento difficile: la sua ex moglie ha sposato un agente immobiliare che si è messo nei guai cercando di fare l’affare del secolo. E la bella Ava, innamorata di Raylan ai bei tempi, ha ucciso per legittima difesa suo marito, un delinquente di nome Bo Crowder. Il clan dei Crowder – con cui lo stesso padre di Raylan è invischiato - ha giurato vendetta. E il ritorno del marshal dà fuoco alle polveri, non solo metaforicamente.

In mezzo a una pletora di serie “a personaggio collettivo” (Sons of Anarchy, The Walking Dead, Boardwalk Empire), Justified ritorna alla formula tradizionale del protagonista. Ma lo fa in maniera curiosa, perché Raylan Givens non è mai protagonista assoluto, e spesso gli antagonisti sono in scena per un tempo pari a quello dedicato all'eroe.

L’autore del concept  televisivo è Graham Yost, coadiuvato da un pugno di collaboratori, che si sono prefissati di non tradire lo spirito di Elmore Leonard. Il risultato è una scrittura brillante, capace di cogliere diverse sfaccettature nei personaggi senza compiacersi di eccessi. E che, soprattutto, riesce nell’ardua impresa di raccontare un western contemporaneo.

Nel personaggio di Givens (interpretato con carisma dal giovane Timothy Olyphant) sembra di cogliere un’influenza dell’Uomo della cravatta di cuoio di Don Siegel (1968), archetipo del western metropolitano con Clint Eastwood.

Ma il richiamo all’iconografia western non è mero artificio narrativo. Al contrario, è rivelatore dell’impalcatura morale della serie. Il Kentucky di Raylan Givens è ancora, almeno psicologicamente, Far West. Una terra di frontiera dove il sogno americano si insegue con le armi in pugno. Ma sempre a volto scoperto.


Walton Goggins è lo spietato Boyd Crowder


Questo non è, come potrebbe sembrare, banale apologo reazionario o banalizzazione di conflitti sociali. Non lo è perché la scrittura di Graham Yost e dei suoi colleghi ha un approccio morale rigoroso: i criminali di Justified – anche quelli più sgradevoli - sono personaggi paradossalmente complessi nella loro rozzezza, ma mai ambigui. Violenti, brutali, spietati verso il prossimo, ma anche verso se stessi. È un’onestà da vecchi outlaws, appunto, che rifugge da ipocrisie e da tentazioni autoassolutorie moderne.
Gli intrighi da tribunale con le schermaglie tra avvocati, ormai ingrediente indispensabile (e realistico) della fiction poliziesca da anni, in Justified trovano pochissimo spazio. La contesa fra legge e crimine si risolve faccia a faccia, e vince chi è più svelto con la pistola.

Justified fa piazza pulita di molte ambiguità del noir contemporaneo, quello dei Soprano, di The Shield, di Boardwalk Empire, dove il confine tra legge e crimine si assottiglia fino a scomparire. Nella Harlan County bene e male, legge e crimine sono concetti ben chiari e distinti. Un uomo è quello che decide di essere, e sa da quale parte della barricata sta combattendo.

Ma questo non vuol dire che le cose siano semplici. Una volta dichiarato questo statement, gli autori ne presentano tutte le problematiche sfumature. Perché si può agire come se si fosse nel vecchio West, ma l’America di oggi non è quella del vecchio West. È molto più labirintica e spietata.

È in questa consapevolezza di fondo la moralità della scrittura degli autori di Justified. Che non cedono mai alla tentazione di “superomizzare” i criminali, né di deresponsabilizzarli dipingendoli come ostaggi della società capitalistica.

Joelle Carter è Ava Randolph Crowder


Spogliati da qualsiasi alone eroico, gli outlaws di Justified sono “soltanto” ottusi e brutali. E sono perdenti. Perdenti proprio perché esseri umani. Sono traditi dall’arroganza, dall’ingenuità, dalle proprie ossessioni personali; in parole povere, da ciò che in piccola o grande misura tradisce tutti noi. Che ci rende, se non perdenti, quantomeno inadeguati a cavalcare nel Far West del ventunesimo secolo.

Dal richiamo iconografico al western moderno di Don Siegel, Justified arriva a riverberare sotto la superficie echi del western crepuscolare Peckinpah; ma nelle opere di Peckinpah c’era lo struggimento di chi cantava la fine di un mito. Lo sguardo degli autori qui è necessariamente più disincantato, sorretto da un’ironia, questa sì, tutta contemporanea. E proprio l’ironia a fare sì che Justified sia una serie meno ambiziosa della media in termini prettamente televisivi (regia “invisibile”, narrazione lineare, scarso uso dei flashback e del montaggio alternato).

Ma forse Justified è più ambiziosa in termini narrativi, molto sorvegliata e “quadrata” nella scrittura, con un occhio alla tradizione del grande romanzo americano. Perché stagione dopo stagione, personaggio dopo personaggio, attraverso la storia della contea di Harlan è raccontata sottotraccia una non piccola tranche di storia degli USA a partire dal primo novecento: le terre, le miniere, quelli che si sono arricchiti, quelli che hanno perso tutto, quelli che se ne sono andati, quelli che sono rimasti. E poi il succedersi delle generazioni, le colpe dei padri, lo smarrimento dei figli.

Justified funziona alla grande anche grazie a un ottimo cast. Oltre a Timothy Olyphant giganteggia Walton Goggins nella parte di Boyd Crowder, l’antagonista (e per certi versi vero e proprio alter ego “oscuro”) di Raylan. Ma ogni stagione dà modo ad attori poco conosciuti o caratteristi di sfoderare ottime interpretazioni. Tant’è vero che quando per il gran finale arrivano volti noti, attori navigati come Sam Elliott, Mary Steenburgen e Jeff Fahey, è il giovane Jonathan Tucker a bucare lo schermo, con il personaggio del killer-pistolero Boone.

Completano il cast ottimi caratteristi, facce poco note da noi, ma perfettamente nella parte. E per finire c’è un’eccellente fotografia e una colonna sonora non banale (ascoltare la sigla per credere).

Se cercate dalle serie tivù sensazioni adrenaliniche e situazioni estreme, Justified potrebbe non essere la serie per voi. Ma se vi piacciono le belle storie con personaggi tridimensionali, a cui non potete fare a meno di affezionarvi, non fatevela scappare.

Nathalie Zea è Winona, l'ex moglie di Raylan